Vota il sondaggio

Inserisci la tua email per votare

Puoi votare solo una volta per questo sondaggio e la tua email deve essere valida.
La tua email non sarà resa ne pubblica ne visibile.

Consenso al trattamento dati:

Accetta il trattamento dei dati.

 
×

Accedi al Sito !

Usa le tue credenziali di accesso:
Non ricordi più la password?

Registrati

 Resta connesso

 

oppure

Accedi con Facebook

×
Campionati e Risultati: RISULTATI CLASSIFICHE STATISTICHE COPPE DIRETTA

L'EMOZIONE DI MARCO BRIGANTI - "Tiferno, finalmente torno a casa!"

FILIPPO FELIGIONI
CITTA' DI CASTELLO - Venditti direbbe che “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” per descrivere la carriera di Marco Briganti (classe 1982), il nuovo difensore centrale del Tiferno 1919, che torna alle origini dopo tante stagioni passate in giro per l’Italia tra Serie D, Lega Pro e Serie B.

Il difensore tifernate, dopo una stagione in Serie D con il Bastia 1924, ha deciso di seguire il proprio cuore e di accettare l’offerta del club dell’avvocato Roberto Bianchi: con 510 presenze all’attivo, Briganti assicurerà al mister Renzo Tasso esperienza da vendere, solidità difensiva e grande voglia di rimettersi in gioco all’età di 38 anni.

Dalle sue parole traspare il grande orgoglio e la felicità per essere tornato nella società che lo ha cresciuto e la volontà di ripagare la sua fiducia con le prestazioni sul campo.

La tua carriera da calciatore è iniziata al Tiferno e dopo un’esperienza pluriennale tra Serie D, Lega Pro (C1 e C2) e Serie B hai deciso di tornare a casa. È un cerchio che si chiude?
“Possiamo dire di sì, anche se in realtà non ho mai lasciato il Tiferno perché anche quando ero lontano da casa continuavo a chiedere a mio padre le novità e i risultati della squadra. Sono nato e cresciuto a Città di Castello, quindi la maglia del Tiferno per me è come una seconda pelle e poter tornare ad indossarla mi rende molto orgoglioso, perché all’interno della società e persino in città si respira il giusto clima per fare bene e per ridare lustro ad una squadra che ultimamente aveva risentito di alcune stagioni non proprio brillanti. Tornare è stata una scelta facile, dettata soprattutto dalla volontà di stare più vicino alla mia famiglia, perché con il passare del tempo cambiano le priorità e ci si rende conto dei valori che contano veramente nella vita. Il Tiferno è stata la società in cui sono cresciuto sia come calciatore che come uomo e per questo appena mi si è presentata l’occasione di tornare ho accettato. Mi piacerebbe provare a ridare qualcosa indietro a questa società che mi ha dato tanto e che mi ha permesso di diventare l’uomo e il calciatore che sono ora.”

Quando sei stato contattato dal Tiferno, qual è stata la prima impressione che hai avuto della società e della sua determinazione nel riportarti a casa?
“All’interno della società ho trovato persone competenti e con tanta voglia di ricominciare e di costruire una buona squadra che possa disputare un bel campionato: i dirigenti e lo staff hanno confermato le mie sensazioni personali e hanno influito sulla mia scelta di tornare al Tiferno dopo tanti anni, che è stata dettata dal cuore, dalle emozioni, dalla voglia di trovare nuovi stimoli mentali e dall’orgoglio di poter vestire la maglia della squadra in cui ho iniziato a giocare quando ero piccolo. Nel mio piccolo cercherò di aiutare la squadra e la società ad affermarsi e a consolidarsi in una categoria prestigiosa come la Serie D: il Tiferno è da sempre una società ambiziosa che merita di stare su questo palcoscenico e per questo proveremo a rendere la città orgogliosa di noi e a ripagare l’entusiasmo che si è venuto a creare attorno alla squadra. Sappiamo che non sarà facile perché la Serie D è un campionato combattuto e le squadre sono molto agguerrite. Poi nel calcio ci sono infinite variabili che sono imprevedibili e che influiscono sui risultati di ogni giornata e delle stagioni, ma il compito di noi calciatori è quello di entrare in campo e dare tutto per la maglia: solo il tempo alla fine ci darà ragione dei sacrifici fatti.”

Nel corso della tua carriera hai avuto l’opportunità di giocare in Serie B con la maglia del Gubbio (stagione 2011-2012). Qual è il segreto per arrivare ad un livello così alto?
“In Serie B si vive il calcio in modo professionale, respirando e mangiando calcio 24h/24, quindi c’è una maggiore attenzione alla vita fuori dal campo di ogni atleta, con il controllo dell’alimentazione e dei ritmi di lavoro e di riposo. Nelle categorie inferiori si respira una mentalità diversa, ma quello che non deve mai mancare è la disponibilità al sacrificio e la voglia di confrontarsi continuamente con se stessi per superare i propri limiti e per migliorarsi. È una cosa che devi avere nel DNA, ma che puoi tirare fuori ascoltando i consigli dei compagni di squadra più esperti: se le qualità e le abilità ci sono e se si ha questa voglia innata di mettersi alla prova, con un pizzico di fortuna si può arrivare dappertutto.”

Hai 38 anni, ma continui a giocare ad alti livelli: pensi di essere cambiato come calciatore rispetto ai primi anni di carriera?
“Sicuramente ho adattato il mio modo di giocare ai cambiamenti del mio fisico e a quelli del calcio in generale: all’inizio i miei punti di forza erano soprattutto la determinazione nei contrasti e l’agonismo, che a volte erano quasi esagerati. Da giovane giocavo più di fisico che di testa e per questo a volte distribuivo male le energie fisiche e mentali durante la partita, mentre ora riesco a leggere prima le situazioni, a posizionarmi meglio e ad anticipare i movimenti degli avversari. Gli anni passati a Gubbio tra Serie B e Lega Pro sono stati fondamentali perché mi hanno insegnato a prendermi cura del mio fisico e oggi mi permettono di continuare a giocare anche a 38 anni, mentre altri alla mia età hanno già smesso da tempo.”

Free Image Hosting at FunkyIMG.com

Nonostante quest’agonismo e questa determinazione sei un difensore molto corretto e pulito (39 gialli e 9 rossi in 510 partite). Cosa ti ha spinto a ricoprire questo ruolo?
“Non si può diventare difensori, si deve nascere con un’indole particolare, con una predisposizione al sacrificio e con la volontà di mantenere sempre la porta inviolata. Un difensore deve provare fastidio quando viene saltato dall’avversario e deve avere una forza interiore che lo spinge a sfidare l’avversario con la convinzione di vincere ogni duello. Nel calcio di oggi ai difensori vengono richiesti anche dei compiti in fase di impostazione, quindi bisogna avere proprietà di palleggio e una buona lettura della manovra in fase di sviluppo dell’azione. Il reparto difensivo deve muoversi e pensare come se fosse un’unica persona e tutti devono essere lucidi nella lettura di ogni situazione e nel seguire i movimenti collettivi: a differenza degli attaccanti, chi gioca in difesa non può commettere errori, perché una singola disattenzione potrebbe rovinare una partita perfetta. Forse è proprio questo che mi ha spinto a fare il difensore: dover sempre dare il massimo e farsi trovare sempre sul pezzo.”

Come tutti i bambini sognavi di fare il calciatore: c’è un giocatore in particolare a cui ti sei ispirato per migliorarti?
“Sono sempre stato un grande fan dei campioni come Maldini, Del Piero, Totti e Baggio, che prima di essere dei fuoriclasse erano grandi uomini. Li ho sempre visti come un esempio da imitare perché hanno sempre dimostrato una grande passione per questo sport e una grande cultura del lavoro. Sono calciatori che fanno parte dell’élite del calcio e che mi hanno stimolato a migliorarmi sia dal punto di vista calcistico che umano, dando l’esempio a tanti della mia generazione e spingendomi a costruire un clima unito e coeso all’interno dello spogliatoio, basato sul rispetto reciproco tra compagni di squadra.”

In base alla tua esperienza personale, cosa consiglieresti ad un giovane che si affaccia per la prima volta in prima squadra e si prepara a debuttare in campionato?
“Nel calcio non può mancare la passione, soprattutto nelle categorie più basse, dove un calciatore è chiamato a fare grandi sacrifici e ad allenarsi dopo aver lavorato per tutto il giorno. Ai più giovani consiglio sempre di avere umiltà e pazienza, perché viviamo in un mondo in cui si vuole tutto e subito, ma solo attraverso il lavoro e la dedizione si raggiungono i risultati sperati. Mi è stato insegnato che incolpare gli altri per i propri errori è controproducente e inutile e che bisogna riconoscere i propri sbagli e lavorare per correggerli. Ho visto spesso ragazzi che abbandonano la squadra dopo aver fatto due panchine: quando sono arrivato in prima squadra al Tiferno, il mister mi ha mandato in tribuna per due domeniche di fila, poi mi sono conquistato la maglia da titolare e ho giocato 20-25 partite di fila. Le soddisfazioni arrivano se lavori duramente per conquistarle.”

L’interruzione prolungata della scorsa stagione a causa del virus è stata una novità anche per un calciatore esperto come te. Quali sensazioni ti aspetti di provare quando tornerai in campo?
“Questa situazione straordinaria ha tirato fuori molti problemi del nostro sistema-calcio, che vanno affrontati e risolti al più presto: la tutela dei giocatori e dello staff delle squadre non professionistiche è quasi inesistente, ma sono abituato a guardare sempre il lato positivo delle cose e penso che queste condizioni possano spingerci a migliorare e a ripartire alla grande. Quello che non manca di certo è la voglia di calcio: tutti aspettavano la ripresa del campionato per tornare alla normalità e anche noi non vediamo l’ora di tornare a lavorare sul campo. Mia moglie mi prende in giro perché a volte non so nemmeno in che giorno della settimana siamo (ride), perché la mia vita è sempre stata scandita dal ritmo degli allenamenti e dalla preparazione delle partite del weekend: restando a casa ho sentito la mancanza del mio habitat naturale, ma mi rendo conto che soprattutto all’inizio dovremo stare attenti ad evitare infortuni e avere pazienza per riadattarci e riabituarci al campo e agli allenamenti collettivi. Fino ad ora abbiamo potuto svolgere solamente allenamenti individuali che servono soprattutto a conservare il tono muscolare e a restare in attività, ma il calcio è uno sport di squadra, di contrasto e di contatto e per questo non vediamo l’ora di tornare ad allenarci tutti insieme.”

Nella foto Marco Briganti il giorno della presentazione ufficiale al Tiferno 1919

RESTA SU SETTECALCIO

Le trattative di serie D
Le trattative di Eccellenza
Le trattative di Promozione
Le trattative di Prima categoria
Le trattative di Seconda categoria 

Print Friendly and PDF
  Scritto da Filippo Feligioni il 15/07/2020
Change privacy settings
Tempo esecuzione pagina: 0,08551 secondi