Il dibattito sul futuro del calcio italiano torna centrale dopo le parole di Gabriele Gravina. Il presidente FIGC interviene in un momento in cui risultati e clima mediatico hanno acceso nuove discussioni. Le sue riflessioni affrontano criticità note, chiarendo come il rilancio del movimento richieda tempo, visione e collaborazione tra tutte le componenti.
Il tema dimissioni e la ricerca dei responsabili
Gravina respinge l’idea delle dimissioni come soluzione immediata, ricordando che cambiare un presidente non modifica automaticamente le strutture del movimento. Con una domanda provocatoria – “Se vado via io che succede?” – evidenzia come la tendenza a cercare colpevoli rischi di oscurare il lavoro di riforma già avviato e ancora incompleto.
La Nazionale nel mirino dell’opinione pubblica
Secondo Gravina, ogni passo falso della Nazionale accende una reazione sproporzionata che ostacola la costruzione di un percorso stabile. Il presidente parla di “indignazione popolare” e sottolinea che il giudizio emotivo non aiuta un progetto che deve svilupparsi anche nei momenti difficili. La FIGC, ricorda, può orientare ma non controllare tutto.
Stranieri, regole europee e limiti di intervento
Il tema degli stranieri trova spazio centrale nelle sue dichiarazioni. Gravina ricorda che limitare i comunitari è impossibile per le norme Ue e che l’intervento federale è possibile solo sugli extracomunitari. La sua posizione è netta: “Puntare sugli italiani non può essere un obbligo”, ma una cultura da costruire in parallelo agli investimenti sulle strutture.
Giovani e formazione come chiave del rilancio
Il presidente rivendica i progressi nel settore giovanile, ricordando i successi ottenuti dalle rappresentative Under. Il nuovo progetto per l’attività di base, che coinvolge Perrotta, Zambrotta e Prandelli, punta a superare un modello troppo tattico. L’obiettivo è favorire una crescita più completa dei giovani calciatori già nei primi anni di formazione.
La necessità di una riforma radicale dei campionati
Tra i punti più urgenti emerge la riforma dei campionati. Gravina ricorda che l’Italia ha cento società professionistiche, molte più di altri Paesi, con conseguenze economiche pesanti. La Serie B, con un turnover del 35%, diventa uno dei nodi più critici. La riforma, ribadisce, deve coinvolgere tutte le leghe e non ridursi a uno slogan.
Club e Nazionale: un rapporto inevitabilmente complesso
Gravina ammette che i club sono spesso “antagonisti, anche se involontariamente” della Nazionale. Una condizione strutturale, dovuta alle priorità economiche e sportive delle società. Questo rende complicata la gestione dei calendari e delle convocazioni, creando un equilibrio delicato che la federazione deve costantemente ricomporre.
Il capitolo allenatori: da Mancini a Spalletti
Uno dei passaggi più significativi riguarda la panchina azzurra. Gravina conferma che “Mancini si era proposto per tornare”, e ribadisce che non avrebbe mai esonerato Spalletti dopo la sfida con la Norvegia. Il presidente racconta che la risoluzione sarebbe stata annunciata insieme, chiarendo che la scelta finale è stata condivisa.
Le prospettive verso il prossimo Mondiale
Nonostante qualche scivolone, Gravina rimane fiducioso sulle possibilità dell’Italia di raggiungere il Mondiale. Parla di “basi concrete” e ricorda che il pessimismo sottrae energie utili. L’obiettivo, secondo il presidente, è ancora alla portata, ma richiede compattezza e continuità di lavoro per evitare di disperdere quanto costruito finora.
L’appello finale all’unità del movimento
Il presidente chiude con un invito alla coesione. Chiede di “impegnarsi tutti insieme”, sottolineando che rilanciare il calcio italiano è possibile solo con una responsabilità condivisa. Federazione, club, tecnici e tifosi devono superare divisioni e personalismi per restituire solidità e ambizione a un sistema che necessita di ritrovare equilibrio e visione comune.






