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EDITORIALE La crisi della linea verde

Mauro Fiorucci
Il calcio italiano è in crisi nera, i settori giovanili sempre piu' orientati al business e alla speculazione. Non è una frase fatta o un luogo comune ma purtroppo una triste realtà confermata da numeri. Siamo quintultimi in Europa per giocatori portati dalla Primavera in prima squadra: 0,3 a club. Abbiamo il campionato con l'età media piu' alta. Solo la Turchia ha prime squadre meno legate al vivaio: in Italia solo il 9.7% dei calciatori di A ha giocato per tre stagioni nel club tra i 15 e i 21 anni.

E le responsabilità di chi sono? il calcio in Italia è interpretato in modo individuale, specialistico e difensivista. Spesso si allena la tecnica individuale, non collettiva e si gioca sull'avversario. Un calcio difensivista può prevedere giovani? no, troppo rischioso, meglio affidarsi ai più esperti. Un calcio individuale può pensare ai giovani? sempre no. Non mettiamo il gioco al centro del progetto e non pianifichiamo. Al centro dei pensieri ci sono i soldi e il business, elementi che hanno trasformato i nostri settori giovanili in porti di mare dove si raccoglie chiunque porti denaro a qualunque costo.

Oggi giocare con i pulcini di una squadra di serie A è un obiettivo percorribile per qualunque bambino, con 500-600 euro l’anno la maglia sempre sognata diventa realtà. Ecco quindi che abbiamo settori giovanili gonfi di ragazzini con scarse probabilità di avere un futuro calcistico e casse societarie altrettanto gonfie di soldi per la felicità dei presidenti.

Pochi sono gli addetti ai lavori che tentano di andare controcorrente, Rampulla (ex portiere della Juventus) poco tempo fa fece delle dichiarazioni pesanti, provocando il settore, e affermando che la sua scuola calcio di Cremona pensava solo ai giovani puntando alla qualità e non al flusso di denaro che poteva portare la massa. Un ritorno all’antica insomma, quando per esempio un provino ottenuto con una squadra blasonata diventava una chimera.

A Tavernelle, piccolo paese della Valnestore umbra, si pensa allo stesso modo andando controcorrente al sistema. Perchè non far crescere i propri ragazzi del settore giovanile? Per Fabio Cagiola, tecnico della prima squadra che milita nel campionato di Promozione questa è la normalità. Nell’ultima partita il mister ha fatto esordire un ragazzo promettente della categoria Allievi, Alessio Tinarello classe 2001, e i risultati sono stati sorprendenti perché il ragazzo ha fatto la sua bella figura.

Ma questo è solo un esempio, dall’inizio della stagione la convocazione in prima squadra per ragazzi del 1999-2000 e 2001 è sistematica. Qualcuno è parte integrante della squadra già dal ritiro di agosto (Di Marco, Perugini, Bianconi, Rossi) altri sono pilastri insostituibili (Fahimi, Antolini, Cesarini, De Santis, Morcellini).

Non è semplice gestire certe scelte che spesso scontentano i tifosi e addetti ai lavori ma almeno esiste qualcuno che prova a cambiare le cose e credo che a mister Cagiola un tributo al coraggio vada riconosciuto. Il mondo del calcio dovrebbe tutelare questi allenatori e queste società che ormai sono diventati diamanti in mezzo a un campo di sassi.

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  Scritto da Mauro Fiorucci il 26/11/2016
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