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IL DIKTAT DI VISCIDI SUI GIOVANI: "Puntare sull'uno contro uno!"

Maurizio Viscidi, coordinatore delle nazionali giovanili maschili della FIGC, ha commentato ai microfoni di Radio Anch'io Sport su Rai Radio 1 la scarsa visibilità dei giovani calciatori italiani.
“Abbiamo ottenuto risultati straordinari nell'ultimo anno: vice-campioni del mondo Under 20, campioni d'Europa Under 19 e Under 17. Questo dimostra la presenza di talento e qualità. Tuttavia, c'è un divario troppo grande tra la Primavera e la prima squadra, e spesso la colpa è nostra che lavoriamo nei settori giovanili, non fornendo giocatori tecnicamente preparati. I risultati della Nazionale A riflettono quelli delle giovanili dopo 5-6 anni. È come uno tsunami: il terremoto avviene, ma l'onda arriva dopo. Cinque-sei anni fa eravamo in difficoltà contro la Spagna e lo siamo ancora oggi. La scuola calcistica spagnola è superiore nella gestione del possesso e nei duelli. Il calcio è uno sport di passaggi e duelli: se li alleniamo male, ne paghiamo le conseguenze. I successi recenti delle giovanili li vedremo concretizzati tra 4-5 anni. Se ciò non accadrà, il problema sarà di altro tipo, legato all'inserimento e al minutaggio dei giovani".

Nella Spagna, Yamal è titolare, mentre in Italia Camarda ha giocato solo pochi minuti in Serie A. Questo indica una mancanza di coraggio nel valorizzare i giovani?
"L'anno scorso, Yamal ha giocato l'Europeo Under 17 e ha dimostrato il suo talento. Gioca titolare in Spagna per la sua qualità individuale e il suo devastante uno contro uno. Se nei settori giovanili non lavoriamo su queste qualità, diventa un problema. Camarda ha debuttato nel Milan, che crede molto in lui. Ha fatto la differenza all'Europeo Under 17, come anche Mosconi, Liberali e altri. Dobbiamo dar loro opportunità di giocare. Un calcio tecnico e propositivo facilita l'inserimento dei giovani. Ma spesso gli allenatori italiani sono valutati solo per i risultati, temendo l'esonero e affidandosi ai giocatori esperti. È necessaria una revisione della programmazione”.

Come possiamo incentivare l'uso dei giovani talenti?
"Ci sono due aspetti fondamentali: uno tecnico e uno politico. Dal punto di vista tecnico, bisogna lavorare di più sulla tecnica, poiché abbiamo avuto un impoverimento tecnico. Negli anni '80 avevamo giocatori di straordinaria qualità. Ora i giovani non si formano più per strada, non toccano tanto la palla. Nei settori giovanili dobbiamo fare meno tattica e più tecnica, lasciando che il talento si esprima. Stiamo giocando un calcio troppo collettivo: negli ultimi 25 metri serve individualità. Politicamente, i settori giovanili devono essere visti come un investimento e non un costo. Le società devono considerare il settore giovanile una risorsa e gli allenatori delle prime squadre devono avere incentivi per valorizzare i giovani. Le seconde squadre possono facilitare l'inserimento dei giovani in prima squadra. È fondamentale giocare un calcio tecnico, non speculativo”.

Cosa si può fare per far crescere il talento individuale?
"Dobbiamo riproporre il calcio di strada durante gli allenamenti. Creare situazioni di uno contro uno, partite due contro due, tre contro tre, come si faceva una volta. Solo così possiamo recuperare il talento. Altrimenti continueremo a produrre giocatori teorici, incapaci di fare la differenza. Nell'Under 17 di Favo, Mosconi e Liberali avevano l'obbligo di puntare l'uomo negli ultimi 25 metri. Questo messaggio deve essere trasmesso agli allenatori e ai giovani: il calcio è uno sport di passaggi e duelli”.

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  Scritto da Redazione il 24/06/2024
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